SERIMAN Zaccaria
4 volumi in-8 (165x105 mm.), pp. XXI, (1), 472, (2); pp. 619, (1); pp. 648; pp. 646, (2). Con ritratto in antiporta ("Enricus Wanton Anglus", in realtà il suo alter-ego Seriman), 32 tavole e 1 mappa ripiegata incise in rame fuori testo, di gusto squisitamente veneziano. Ottima legatura coeva in piena pelle marezzata, dorso a cinque nervi delimitati da filetto, scomparti ornati da tulipani incisi in oro, titoli e numerazione di tomo incisi in oro su tasselli in marocchino porpora. Unghiature in oro, tagli di rosso vivissimo, tassello in carta applicato al primo piatto dei quattro tomi recante una silloge calligrafata del titolo. Bellissimo esemplare. Prima edizione definitiva di questo celebre romanzo fantastico e satirico (forse il maggior esito del genere del nostro Settecento). Venne probabilmente pubblicata in una stamperia privata a Villa di Melma, presso Treviso, dai Remondini (cfr. Melzi, Dizionario di opere anonime e pseudonime, III, p. 216 e Parenti, Dizionario dei luoghi di stampa falsi, inventati o supposti, p. 37). Bibliografia: Sabin, 79231. Lapiccirella 226. Cicogna 2104. Davidson, pp. 44-5. Gibson, 769.
MISSON Francois-Maximilien
3 volumi in-12 (170x100 mm.), pp. (56), 339, (21) con [32] tavole di cui [21] ripiegate; pp. 356, (24), con [40] tavole di cui [19] ripiegate; pp. 143, (3), 145-414, (20) con [7] tavole di cui [2] ripiegate. Frontespizio impresso in rosso e nero con marca tipografica. Quarta edizione "plus ample & plus correcte que les précédentes, & enrichie de nouvelles Figures", completa di tutte le tavole che ne costituiscono il sontuoso corredo. Belle legature strettamente coeve in piena pelle maculata con dorsi riccamente incisi in oro. Bibliografia: Fossati Bellani, 363. Rossetti, 7095.
GONGORRA ALCASAR E PEMPICILEON Luis de (ma SPERONI o SPERONE Carlo)
Madrid, por Ioseph Fernandez de Buendia el Ano 1665 (in Genova, per Gio: Battista Tiboldi, 1669). In folio (182x118 mm.), cc. (9) + antiporta, pp. 351, (1). Elegante antiporta allegorica incisa in rame. Bella legatura in mezza pelle, filetti in oro e tassello con titolo in oro al dorso. Testo in italiano e spagnolo. Esemplare freschissimo e ottimamente impresso su carta forte, completo dell'antiporta allegorica di grandiosa fattura incisa da Marcus Orozco (mancante a quasi tutti gli esemplari), derivazione da quella disegnata da Andrea Podestà e scolpita dal Bloemaert per l'opera del Borgo. Molto probabilmente è questa la prima ed unica edizione di quest'opera. Infatti, benché i dati editoriali e la premessa indichino una precedente edizione madrilena in idioma spagnolo (che l'autore stesso sostiene essergli stata cagione di "gran borrasche") e benché il Soprani (Scrittori della Liguria, p. 69) la menzioni già nel 1667, senza averla mai veduta, col titolo castigliano di "Honores Regios merecidos della Serenissima Republica di Genova", si segnala che non risultano essere state mai censite copie di questi fogli madrileni e lo stesso Palau, riferendo che "desconocemos la edicion de Madrid que hace suponer la portada descrita", lascia alludere che ci si possa ritrovare di fronte a una falsa indicazione. I propositi encomiastici del lavoro dello Speroni ci vengono premessi già col disegno dell'elegante antiporta: l'allegoria di Genova, trainata da grifoni, sovrastata dalla "Fama" e con la città racchiusa tra i monti magnificamente intagliata sullo sfondo, cavalca i due emisferi dell'antico e del nuovo mondo ornati dal motto "unus non sufficit orbis" e tagliati dalla scritta "auspice Columbo". Ai Genovesi, dunque, si deve la duplicazione del mondo così come a Genova è d'obbligo il riconoscimento dei cosiddetti "onori regali" (che comportavano l'assentimento circa il suo dominio assoluto sul mare Tirreno). Al fine di raggiungere lo scopo prefissato nella sua opera, lo Speroni "si era messo a ricercare dentro le storie di ogni paese e - cosa notevolissima in quel tempo - negli archivi patrii i documenti di quella grandezza. Ed era riuscito, a detta del Lopez, il primo storico dell'impero coloniale genovese: il primo e, per almeno due secoli, l'unico" (cfr. S. Rotta, Genova e il Re Sole, in "El siglo de los genoveses", a cura di P. Boccardo e C. di Fabio, Milano, Electa, 1999, pp. 286-291). Bibliogr. Palau, 104625. Soprani, Scrittori, pp.68-69. Vinciana, I, 792. Manno VI, 23547. Soave, Fondo Antico Spagnolo, p. 185. Melzi, I, 468.
LOREDANO Giovanni Francesco; MICHIEL Pietro
s.d.t.[ma Venezia], 1645. 3 parti in un volume in-12, pp. 128. Segnatura A-E12; F4. Le centurie seconda e la terza iniziano con proprio occhietto a c. B11-r. e D12-r., con paginazione continua. Bella legatura in pelle verde oliva, dorso a nervi con silloge del titolo incisa in oro, piatti incorniciati da duplice filetto e dentelle con armi (non identificate) incise in oro al centro della campitura. Prima edizione delle tre centurie d'epitaffi fantastici, che ebbero un'immensa fortuna tanto da essere tradotti in francese, spagnolo e latino. Fatti di quartine d'endecasillabo a rima chiusa, gli epitaffi costituiscono chiribizzi di penna senza pretese poetiche, secondo la definizione civettuola che ne diedero gli autori medesimi «di vivezze scarse, frase povera, stile incostante, verso stentato». Il Quadrio (Storia e Ragione d'ogni poesia, II, 669) attribuisce la seconda e terza centuria ad Antonio Maria Vassalli, pittore, che però probabilmente altri non è che un travestimento dello stesso Loredano. Bibliografia: Gay, I, 588. Piantanida, III, 2954.
CASELLI Vincenzo
In-8 (188x120 mm.), pp. 302, (2, di indice). Antiporta inciso. Bella legatura coeva in mezza pelle, dorso con fregi in oro e silloge del titolo inciso in oro su tassello in marocchino porpora. Lievi fioriture, soprattutto al frontespizio, ma bell'esemplare. Traduzione italiana, compiuta dall'abate Vincenzo Caselli di una non meglio precisata famosa penna francese (probabilme riferimento a Jacques Gibelin). Sono diversi gli argomenti "alla moda" trattati dal Caselli, intorno all'elettricità, al magnetismo, ai fenomeni atmosferici estremi (trombe d'aria, grandine, pioggia di fango, di zolfo e di sangue), astronomici, fisici (quali l'eco), allo studio dei minerali, alle scomperte e invenzioni del suo tempo (fra le quali, le mongolfiere). Bibliografia: Manca a Melzi e Passano.
LA ROQUE Jean [de]
In-8 ant. (170x95 mm.), pp. (8), 403, cc. (6). Con una carta ripiegata e incisa in rame dello Yemen e altre 3 tavole botaniche fuori testo. Ristampa dell'edizione originale (ma di questa assai più rara) impressa l'anno precedente (la seconda edizione venne impressa ad Amsterdam). Legatura coeva in piena pelle maculata, tagli in rosso (restauri al dorso). Bell'esemplare. Il materiale che fu argomento di questa vasta trattazione fu trasmesso e parzialmente pubblicato sul "Mercure" dal capitano Merveille, che guidò la prima spedizione. A partire da pp. 234 l'opera è consacrata ail caffè, sua coltivazione e preparazione. Assai importante è infine il trattato storico sull'origine e il progresso del caffè, sia in Asia che in Europa. Bibliografia: Atabey 673. Mueller, Kaffee 180. Gay, 3680. Cox I, 222.
Genuae, apud Josephum Pavonem, 1609 [ma 1771]. In-8 (150x100 mm.), pp. VII, [1], 136. Legatura in piena pergamena coeva con titolo calligrafato al dorso in senso longitudinale. Ex libris manuale al frontespizio di Domenico Maria Guarco. Bell'esemplare. Rara edizione, che nei tempi passati diede adito a fraintendimenti circa la reale sua datazione e paternità editoriale. L'equivoco sorse probabilmente dallo Sforza (Saggio d'una bibliografia storica della Lunigiana) che, riferisce il Rossi (Gli statuti della Liguria, in «Atti della Società Ligure di Storia Patria », XIV. (1878), "a pag. 27 del suo pregevolissimo Saggio, parla di un'altra edizione di queste Conventiones, fatta nello stesso anno dallo stesso tipografo, però del formato in 8° piccolo , di pag. VIII-134". Il catalogo del Senato (1943), pagg. 214-215, e Manzoni nel suo repertorio (1876), pag. 215, perpetuano infatti il medesimo errore (non avendone potuto compulsare altri esemplari), vale a dire la credenza intorno alla datazione errata (1609) e alla falsa paternità pavoniana di questa edizione. Savelli R. (Repertorio degli statuti della Liguria (2003), pag. 310, nomina solo l'edizione in folio, Niri (La tipografia in Ligura, 1998, n. 93), la inquadra infine perfettamente come ristampa del 1711 e Ruffini (Sotto il segno del Pavone, 1994), p. 200, n. 133, giustamente la ignora poiché "non uscita dai torchi di Giuseppe Pavoni". Questi statuti, analogamente in tutto e per tutto a quelli pavoniani del 1609, sono così strutturati: nelle prime otto pagine, numerate alla romana, si legge l'index rubricarum, segue il testo diviso in ottanta capitola, dei quali sessantotto scritti in barbaro latino e dodici in volgare. Segue una carta, ovviamente non presente negli statuti del 1609, con breve accenno in lingua volgare all'interpretazione di un capitolo statutario ("quod non possint in Janua conveniri"), datato 1711 agosto 14.